L'antibarocco diverso dai salentini: ecco perchè al Lecce serviva Luca Gotti

L'antibarocco diverso dai salentini: ecco perchè al Lecce serviva Luca Gotti
di Vincenzo MARUCCIO
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Martedì 23 Aprile 2024, 11:19 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 01:53

Sgombriamo subito il campo da un luogo comune: genio e sregolatezza non sempre vanno di pari passo. Luca Gotti - 10 punti in 5 gare con due vittorie in trasferta - ne è la conferma: anche le scelte apparentemente più pazze possono arrivare da chi fa dell’equilibrio la sua stella polare.

Dorgu e gli altri: le "follie" del genio

In tanti a sconsigliare due attaccanti se devi lottare per la salvezza e non sbilanciarti troppo: puntualmente smentiti a vedere Krstovic e Piccoli passarsi la palla e infilare con due tocchi la porta avversaria come non accadeva da tempo. Quasi tutti dubbiosi su Ramadani e Blin insieme in campo: diamo un’occhiata alle prestazioni e vediamo chi aveva ragione. Tutti, ma proprio tutti, a considerare ad alto rischio la mossa di spostare Dorgu esterno offensivo. Ma come? Proprio lui, naturale sostituto di Gallo, trasformato da riserva a “ticket” per le folate sulla fascia sinistra? Una follia. Sì, una follia nel senso che ci vuole del genio a vedere oltre l’ordinario: il gioiellino ex Primavera avanti e dietro, ancora un po’ inesperto ma già calciatore totale, bel sinistro ma capace di segnare di destro. Fermate gli highlights col Sassuolo al minuto 15, please. E lui, Gotti dal Polesine, a chiosare in tv come se nulla fosse: «Dorgu? Lo vedremo su ben altri palcoscenici». 
Gli analisti, in queste settimane, ci hanno spiegato benissimo il passaggio dal 4-3-3 al 4-4-2, ma non è solo questione di grafici con frecce e controfrecce. Di alternativa tra costruzioni dal basso o lanci lunghi. Gotti ci piace perché parte dai giocatori, si adatta a quel che trova e ne tira fuori il meglio. «I due attaccanti? Hanno vissuto da antagonisti, ora lavorano insieme a cooperare». Il gioco al servizio degli obiettivi, gli schemi al servizio dei talenti. Una benedizione per chi non ama l’ego smisurato di certi allenatori e lo storytelling del guru da panchina più importante dei calciatori in campo.

Corvino, Sticchi Damiani e Gotti


Gotti è quel che ci voleva per il Lecce. Maglione a collo alto sotto la giacca invece delle tute, sorriso abbozzato solo per pochi secondi, la foto in libreria anziché il selfie sullo Jonio caraibico, sguardi intensi più che grandi abbracci. Diciamola tutta: il contrario di quel che siamo noi, ma proprio per questo necessario. In conferenza stampa il direttore Corvino a sfogarsi salentinamente contro tutto e tutti e lui zitto ad ascoltare come una sfinge. Il presidente Sticchi Damiani a mettersi la mano sul cuore sotto la Curva e lui giusto quel che basta in televisione - «Tifosi straordinari? Direi proprio di sì» - pur sapendo bene quanto questo pubblico spinge la squadra. 

Il rapporto con Lecce


I colleghi troppo spesso a protestare, lui a predicare «umiltà e unità». Gotti è fatto così. Meno calore del solito, ma non importa. Meno pacche sulle spalle, ma chissenefrega. Meno passionale, ma pazienza. 
Gotti è l’ideale per il popolo giallorosso abituato all’umoralità di chi vive in periferia e pensa di stare al centro del mondo: pronto a dare addosso a qualcuno alla prima occasione dopo averlo osannato, pronto a salire sul carro del vincitore dopo averne detto peste e corna. Lui di poche parole, noi un profluvio che certe volte faremmo bene a smetterla. Lui diretto e senza fronzoli, noi persi nel nostro barocchismo eletto a modo di essere. Tanto da farci venire il dubbio che possa non piacergli il pasticciotto e che preferisca il severo stile Romanico all’arzigogolata pietra leccese di Santa Croce. Uno che, fatta eccezione per le Giovanili della Reggina, ha costruito tutta la sua carriera al Nord con punte d’eccellenza nella lontana Udine. Un veneto cresciuto sugli argini del Po e catapultato qui dove fiumi neanche ce ne sono. 
Non trasciniamolo nei nostri infiniti dibattiti e nelle nostre interminabili discussioni.

Noi resteremo così, lui non cambierà. Per fortuna: sua e, soprattutto, del Lecce. Così lontano eppure così vicino, parafrasando il titolo di un celebre film. Così diverso, così indispensabile. Toglieteci tutto, anche un po’ di mare e di sole se volete. Toglieteci tutto, ma non Luca Gotti.

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